Nel laboratorio dell’Università della Terza Età l’atto del tessere assume un significato che va oltre il recupero di un sapere antico. Qui il telaio non è solo strumento del passato, ma diventa mezzo espressivo, linguaggio contemporaneo, rimanendo pur sempre un ponte tra memoria e creazione. Non si tratta soltanto di custodire un’eredità, bensì di dar forma a qualcosa che parla dell’oggi.
Nel progetto legato al territorio la scelta dell’arazzo come forma narrativa non è casuale. Questa tecnica rappresenta una delle massime espressioni della tessitura artigianale e la sua esecuzione richiede tempo, cura, progettazione e tanta immaginazione.
L’arazzo infatti è un genere di tessuto decorativo a superficie limitata e indivisibile, realizzato interamente a mano, in cui il motivo ornamentale è parte integrante della struttura tessile. A differenza delle stoffe industriali o quelle destinate all’uso quotidiano, in un arazzo il disegno e la struttura si creano insieme, intrecciando filo su filo direttamente sul telaio.
L’ordito, solitamente composto da materiali grezzi e robusti in lana, cotone o canapa, viene nascosto dalla trama. Quest’ultima, invece, è formata da filati colorati e viene inserita manualmente, avanti e indietro, con l’ausilio di navette o brocci, strumenti essenziali per la realizzazione precisa del disegno. A differenza dei tessuti continui, nell’arazzo il filo di trama non attraversa tutta la larghezza del telaio, ma lavora localmente, adattandosi alla dimensione e al colore del singolo elemento decorativo. Questo significa che ogni zona può avere fili diversi, secondo il bozzetto previsto: un vero mosaico di intrecci, dove ogni porzione viene creata con pazienza e attenzione.

Negli arazzi dedicati al territorio l’ispirazione visiva è nata dall’osservazione del paesaggio Gemonese. Le sue sfumature di pietra, cielo e acqua sono state esplorate attraverso fotografie, letture e immagini, con l’intento di riscoprire luoghi familiari con occhi nuovi. Il fiume Tagliamento è stato scelto come filo conduttore: il suo corso mutevole e dinamico è parso emblema ideale del laboratorio stesso, simboleggiando un fluire continuo tra passato e futuro, tra forza e quiete, tra presenza visibile e silenzio sommerso.

I quattro arazzi, realizzati assieme alla docente Annamaria Turchetti, rappresentano momenti specifici del fiume, ciascuno frutto di un punto di vista diverso e di una distinta suggestione visiva ed emotiva. Alcuni lavori esplorano la dimensione ravvicinata dell’acqua che salta tra i sassi e forma schiume leggere; altri adottano una visione dall’alto, in cui il fiume appare esile, ritirato, quasi nascosto tra i ciottoli bianchi.
I materiali scelti, cotone, lana grezza e filati misti, sono stati impiegati per offrire consistenze e vibrazioni tattili diverse. In alcune aree, l’ordito è stato lasciato volutamente non tramato, creando aperture simboliche, spazi immaginativi che suggeriscono il prosieguo del corso del fiume oltre i confini della tela. Queste porzioni “non finite” non sono solo pause visive, ma metafore potenti: rappresentano il coraggio di non chiudere, di lasciare spazio al possibile, all’inaspettato. Gli arazzi del fiume Tagliamento diventano immagini dell’osare, dell’avventurarsi in un percorso nuovo anche in età matura, della libertà di mettersi in gioco riscoprendo talenti assopiti e imparando a guardare il proprio territorio con occhi diversi, più attenti, più consapevoli.

Asisglonfe,alcôr,alsalte.

Al polse tra le glerie

A si cuiete tra i claps

Al pase cuiet